Thomas Donnelly
FOTOGRAFO

Siamo definiti da ciò che vediamo o da come interpretiamo ciò che vediamo?
È nostro dovere interrogarci sul perché e sul come, o è una necessità dei tempi in cui viviamo?
Perché dovrei scattare la foto? Che significato avrà?
Queste domande accompagnano la mia esperienza fotografica, un viaggio che ha attraversato molte lenti e che è stato inizialmente definito dalle mie esperienze internazionali da bambino.
Ho riconosciuto e seguito la mia passione fotografica intraprendendo l’avventura e l’apprendimentodel foto-giornalismo in Sudafrica.
Anche se la mia avventura come foto-giornalista è stata interrotta prematuramente, ho comunque scelto di perseguire la mia passione e di esplorare costantemente come questo mezzo possa daresignificato al mondo che mi circonda e permettermi di trasmettere ciò che vedo in esso.
La mia passione per la cultura mondiale e la conoscenza è ciò che alimenta la mia curiosità fotografica.
Le mie esperienze in giro per il mondo insieme alle mie abilità multilingue mi hanno reso adattabile a nuove situazioni ed emozioni, che cerco di ritrarre attraverso le mie immagini.
Cerco un significato nelle mie fotografie, ma più di tutto, cerco l’umanità e la verità.
Voglio conoscere la tua storia e, se me lo permetterai, vorrei raccontarla attraverso le mie immagini.
Ho conseguito una laurea in Scienze per la Pace: Relazioni Internazionali e Risoluzione dei Conflitti presso l’Università di Pisa.
Questi studi hanno ampliato ulteriormente la mia visione sulle culture e le diverse forme di convivenza umana.
Sto ancora esplorando cosa mi definisca veramente come fotografo, anche mentre presto servizio come volontario nel Peace Corps in Guatemala.
Aspiro a immaginare, attraverso le mie fotografie, un futuro pieno di speranza in un’epoca di grandi cambiamenti sociali, politici e naturali.
Uno dei miei primi lavori è stata una serie sulle chiese evangeliche in Sudafrica, con un’attenzione particolare all’esperienza con una chiesa del quartiere di Soweto, la Zion Church of Jerusalema, nella periferia di Johannesburg.
Un’esplorazione del significato della spiritualità, per la quale ancora oggi cerco una risposta.
Nel 2020 ho lavorato a una serie che rappresenta la violenza di genere nascosta, un progetto che ho creato con un’amica per denunciare una violenza spesso celata all’interno delle case italiane.
Questa serie si intitolava Donne di Carta, un nome allegorico che potrebbe suggerire fragilità e che, tuttavia, rappresenta anche l’immensa forza delle donne, proprio come la sorprendente resistenza della carta.
Nel 2024 sono entrato a far parte del movimento artistico Skimmers, affascinato dalla loro vitalità e dalla volontà di agire per il cambiamento.
Con loro ho realizzato la mia prima opera combinata scultorea/fotografica, che è diventata parte di un’installazione in memoria della tragedia di Sant’Anna di Stazzema, avvenuta il 12 agosto 1944.
Spero di continuare a crescere nella mia conoscenza, di riuscire a definire il mio stile mentre proseguo nell’esplorazione di questo mondo, scoprendone gli ostacoli ma anche le opportunità.
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